Claim e payoff: elementi esclusivi che creano l’identità del marchio. O no?
(Di Davide Agostoni e Sarah Massa)
A noi le cose piacciono fatte bene. Poi, magari, le facciamo male (tipo l’impaginazione di questo articolo) ma quelle che ci piacciono e ci permettono di fatturare di solito sono fatte bene. Ecco perché quando il dinamico duo di Base per Altezza si mette a fare un marchio e gli appioppa un claim o un payoff, lo fa sempre a ragion veduta e con l’obiettivo di creare una fenomenale accoppiata comunicativa, qualcosa che ha senso solo se concepita nel suo insieme. Un po’ come Nike e “Just do it” o McDonald’s e “I’m Loving it”, per capirci.
Eppure, è dai tempi in cui, ancora avvolti nelle fasce dell’agenzia, ci divertivamo a ritagliare foto, claim e bodycopy dalle riviste per rimescolarli tra loro ottenendo effetti piuttosto buffi che ci piace mettere in dubbio anche le certezze più consolidate.
Ecco a voi, dunque, il parto di una mente oziosa che nel cupo meriggio di un freddo giorno d’inverno in zona gialla si è posta la fatidica domanda:
“Ma che succederebbe se prendessi claim e payoff di marchi famosi e li accoppiassi ad altri brand, altrettanto famosi?”
E si è sentita dare la solita risposta:
“Io dico che è divertente”.
Non so, giudicate voi, noi ci siamo divertiti. E, in assenza di assembramenti e discoteche, è sempre meglio di niente.